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#GIORGIOVACCHIANO

Le foreste che cambiano il mondo

AUTORE

Giorgio Vacchiano

Giorgio Vacchiano è ricercatore di gestione e pianificazione forestale e professore associato all’Università degli Studi La Statale di Milano. Obiettivo dei suoi studi è capire come gli alberi e le foreste rispondono al climate change, come cambiano i benefici che forniscono all’umanità, e come gestirli in modo sostenibile assicurando la loro conservazione e la loro capacità di contrastare la crisi climatica in corso.

"L’abbattimento di migliaia di alberi nella foresta amazzonica – spesso per fare posto ad agricoltura o allevamenti intensivi – è uno dei punti di non ritorno del clima terrestre."

Perché è così importante la relazione tra gli esseri umani e le foreste?
Il nostro rapporto con foreste risale alla notte dei tempi, quando l’uomo dormiva sugli alberi. E se oggi hanno smesso di essere casa, le foreste restano comunque coinquilini importanti. La loro capacità di assorbire il carbonio, per esempio, consente di smaltire circa un quarto delle emissioni causate dall’uomo. Un altro esempio di “smaltimento dei rifiuti” è quello delle foreste costiere di mangrovie, che crescono ancorate ai bassi fondali marini, riuscendo a tollerare e a smaltire l’acqua salata e ospitando tra le loro radici le fasi riproduttive di molte specie di pesci.

In termini di cambiamento climatico, perché la deforestazione è il nemico numero uno?
Le foreste, soprattutto quelle di montagna, producono pioggia. Le radici assorbono l’acqua dal terreno, la rilasciano dalle foglie, e creano in questo modo fiumi atmosferici che portano pioggia e fertilità. Elimimare per sempre una foresta significa meno pioggia, e meno pioggia significa meno raccolto nei campi. Le conseguenze sono facilmente intuibili.

La deforestazione è un problema che spesso viene associato a realtà come l’Amazzonia, e quindi percepito come lontano. Ma è davvero così lontano?
L’abbattimento di migliaia di alberi nella foresta amazzonica – spesso per fare posto ad agricoltura o allevamenti intensivi – è uno dei punti di non ritorno del clima terrestre. Come italiani non siamo affatto estranei a questo problema, perché molti dei prodotti che causano la deforestazione sono presenti anche nelle nostre case (carne bovina allevata in Sudamerica, soia, olio di palma, certi tipi di riso, zucchero, cacao, caffè, oltre ad alcuni legni pregiati).

In Italia però c’è il problema opposto.
L’effetto collaterale dell’urbanizzazione è l’abbandono dei territori rurali, e quindi l’avanzare del bosco. In Europa ci sono 800mila ettari di foreste in aumento ogni anno. Eppure anche questa espansione può essere una minaccia: se queste zone soffrono il problema della siccità, il rischio è che possano prendere fuoco più facilmente.

Piantare mille miliardi di alberi, come è stato proposto, risolverebbe la crisi climatica?
No. Se da qui al 2030 le emissioni causate dall’uomo continuano a salire, mille miliardi di alberi ne potranno smaltire appena il 20%. Quello che dobbiamo fare sono gesti molto meno grandiosi e molto più quotidiani: proteggere, ripristinare, gestire.

Dall’incontro “La deontologia nell’informazione scientifica e la gestione sostenibile nel mondo della ricerca” #CortinatraleRighe2022

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