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#VOCI

Alice Pompanin

AUTORE

Elena Tartaglione

Alice Pompanin è ampezzana DOC, figlia di “regolieri” – le Regole d’Ampezzo sanciscono da un migliaio di anni la gestione collettiva di boschi e pascoli – e rifugisti. La cura del territorio è nel suo DNA. Ideatrice di “Alta quota in conserva”, va alla ricerca dei frutti “invisibili”, quelli che maturano nei giardini privati, dietro i cancelli, nei piccoli appezzamenti in disuso. E li trasforma in confetture.

“La sostenibilità secondo me deve essere qualcosa di concreto. Ad esempio, per evitare gli sprechi si può rendere conservabile ciò che altrimenti sarebbe facilmente deperibile."

Qual è la tua idea di sostenibilità?
“La sostenibilità secondo me deve essere qualcosa di concreto. Ad esempio, per evitare gli sprechi si può rendere conservabile ciò che altrimenti sarebbe facilmente deperibile. È così che sono nate le mie confetture. Gli alberi di mia nonna producevano troppe albicocche. Per non sprecare questa abbondanza ho iniziato a fare marmellate.

Ho scelto di privilegiare la trasformazione della frutta, e non la sua produzione: questo perché qui, in montagna, l’estate è molto breve, ed è difficile, in queste condizioni, praticare un’agricoltura sostenibile dal punto di vista economico. Tanto più che il frutteto esisteva già: era semplicemente “diffuso”. E condiviso.

Individuo privati che possiedono alberi e che non riescono a gestire la produzione in eccesso. Raccolgo la loro frutta, quella del mio giardino e anche piccoli frutti – rosa canina, bacche di sambuco – che crescono spontanei. Trasformo un bene altamente deperibile, e che altrimenti andrebbe sprecato, in un vasetto pronto per la colazione”.

Quali sono i tuoi comportamenti sostenibili?
“Sono una convinta assertrice del km zero, quando possibile. Per questo motivo cerco di evitare le spedizioni, prediligo piuttosto la vendita diretta. Su ogni vasetto stampo anche i miei recapiti, e ho creato un catalogo su Whatsapp. Quando posso faccio la consegna a mano.

L’unico altro ingrediente è lo zucchero, bianco e bio, di produzione italiana: lo zucchero di canna, molto di moda, viene importato dal Sud America, e ho preferito evitare il più possibile il trasporto.

Le mie proposte cambiano costantemente, a seconda della facilità con cui reperisco questo o quel tipo di frutto, dalle condizioni ambientali e climatiche. Sono io ad adattarmi a ciò che trovo, e non il contrario. Applico lo stesso prezzo indipendentemente dal tipo di confettura: così incoraggio gli acquirenti ad assaggiarle tutte e a privilegiare, come me, ciò che la natura ci regala di anno in anno.

Mi sono offerta un’opportunità di vita differente dando una seconda vita alla frutta che altrimenti sarebbe andata perduta. Non desidero ampliarmi: ho trovato la mia dimensione ideale, che è dettata dalla rete di relazioni e di interazioni alla base del progetto stesso. È questa la mia idea di sostenibilità, al tempo stesso ecologica, sociale e umana”.

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